Manuale di Ceramica

Le argille

L’argilla o la creta esiste già formata in sedimenti naturali, essi sono di due tipi: di argille primarie o secondarie, per le prime si tratta di argille formatesi e rimaste sempre sullo stesso posto, queste sono formate quasi esclusivamente composte da caolini. Per quelli di secondo tipo, invece, si tratta di sedimenti trasportati da agenti atmosferici, e depositatosi in altri posti. Durante questi spostamenti le argille si sono unite ad altre sostanze organiche e impurità minerali, che con la loro presenza hanno dato origine ad argille di diverso tipo, variandone sia il colore che le caratteristiche. 

Tipi di impasti

Gli Impasti diventano tali quando si combinano delle argille naturali, più o meno raffinate e si mescolano ad altri componenti, per variarne le caratteristiche, quali: la durezza, il colore, la porosità, la plasticità, il punto di cottura e altre. Tutti gli impasti umidi più si stagionano e più aumentano le loro caratteristiche plastiche, a patto che durante la conservazione mantengano la loro umidità, che va’ di tanto in tanto controllata e mantenuta magari con l’aggiunta di una spruzzatina d’acqua. L’argilla va’ conservata in un foglio di nylon o simile, e comunque ben chiuso. L’argilla che durante la lavorazione diventa dura o si secca, si può sempre riciclarla, basta solo immergerla nell’acqua e quando avrà raggiunto l’umidità sufficiente, si impasta con le mani tipo pasta fatta in casa e si rimette assieme all’altra.

Terraglia dolce: è un impasto che dopo la cottura diventa bianco e con una buona porosità. Questo impasto è molto usato per la produzione di oggettistica, quale, vasi, basi lampada, sottovasi, scatole posacenere,  cornici e molto altro, data la sua facile colabilità. Si presta molto bene al decoro sotto cristallina, per la sua superficie bianca e per lo stesso motivo e adatto alla invetriatura sia con vernici colorate che con smalti. Con l’impasto umido si potranno apprezzare la plasticità e la sua levigabilità. Riguardo ai difetti della terraglia, essa può dare problemi nella fabbricazione di piastre perché tende ad incurvarsi, in gergo “si imbarca”, poi sulla preparazione di grossi pezzi con impasto umido se restano intrappolate dentro delle bolle d’aria, durante la cottura facilmente faranno rompere il pezzo, un’altro difetto e che in pezzi con spessori diversi a causa dell’essiccamento e perciò del ritiro in tempi diversi, tende a rompersi.

Terracotta: è un impasto quasi del tutto naturale e dopo la cottura si presenta nelle varie tonalità del rosso marron, si presta molto bene al modellato data la sua ottima plasticità, i difetti che si possono riscontrare sono gli stessi della terraglia però in forma minore. questo impasto si può rifinire bene a smalto oppure, sfruttare il bel colore naturale solo lavorando sulla superficie, levigandola o al contrario rendendola più rugosa e creando cosi dei decori di grande effetto, sfruttando il contrasto di luci ed ombre sulla superficie. E’ molto usato nell’industria del vasellame per fioristi e anche nei decori e arredamenti di interni, specie di stile rustico e comunque anche nell’arredo moderno trova la sua giusta collocazione. Questo impasto inoltre è il più usato dai modellatori per ricavarne i modelli da cui poi trarne lo stampo.

Refrattario: per essere considerato refrattario l’impasto deve resistere ad alte temperature, fino a 1500° . A questo impasto di solito viene aggiunto un riempitivo o “chamotte” in francese, che consiste in impasto già cotto e macinato. Questo aumenta di molto la sua porosità e la sua resistenza allo shock termico, inoltre a minore tendenza ad “imbarcarsi” ed a rompersi durante l’essiccamento, teme poco anche la presenza di piccole bolle interne. Tutte queste qualità, unite alla ottima plasticità lo fanno molto adatto alla preparazione di grosse sculture anche da esterno. Molto usato anche come rivestimento di stufe dato, oltre alla sua resistenza a sbalzi termici la capacità di trattenere ed immagazzinare calore. Ha però una scarsa decorabilità con colori sotto cristallina, sia per il suo colore e anche per la superficie molto ruvida, comunque anche a questo si può ovviare con la preparazione di una buona base a ingobbio o a maiolica. si presta bene invece al decoro a smalti e ossidi. 

Porcellana:
forse il più raffinato degli impasti essendo la materia prima di cui è costituito, il caolino un’argilla bianca abbastanza rara e pura, trovandosi in natura in sedimenti che non hanno mai subito trasporti da agenti atmosferici e pertanto praticamente senza inclusioni di altri materiali. La caratteristica della porcellana è la sua superficie bianca e liscia che si ottiene cuocendola attorno ai 1250 gradi. Da sempre apprezzata anche per la durezza e impermeabilità. Altra importante caratteristica della porcellana è la percentuale di ritiro che l’impasto subisce da fresco fino a dopo la cottura che si aggira attorno al 20%, il ché lo rende adatto alla fabbricazione di oggetti tipo figurine, che vengono prima modellate in argilla rossa ad una grandezza tale da poterci lavorare comodamente e successivamente se né ricaverà lo stampo. Con lo stampo in gesso poi si potranno colare dei pezzi con la barbottina di porcellana che a ritiro e cottura avvenuta si saranno ritirati conservando tutti i particolari fin nei minimi particolari, tipo le dita sottili della mano di una damigella.

Grès: è un tipo di impasto usato principalmente nel settore della stoviglieria e pavimenti in quanto dopo una cottura a 1100 gradi e oltre, si ottiene un prodotto con una porosità che si aggira sul

2-3 %. Il suo colore va' dal bianco grigiastro al bruno e la superficie è opaca, una delle caratteristiche principali e la sua durezza e resistenza al graffio.

Grès Porcellanato : è un tipo di impasto molto simile alla porcellana e anche questo richiede una temperatura di cottura molto elevata attorno ai 1200 gradi. Il suo colore va' dal bianco grigiastro al bruno e la superficie è opaca una delle caratteristiche principali e la sua durezza e resistenza al graffio per questo motivo viene impiegato nel settore dei pavimenti e rivestimenti anche da esterno in quanto la porosità del prodotto scende fino allo 0%.

Oltre a questi impasti che fanno parte del termine più generico ceramica ci sono molti altri ma sono tutti derivati da quelli già menzionati, variando anche solo leggermente le loro caratteristiche per farne degli usi particolari.

Arnesi ed attrezzi

Principalmente per modellare l’argilla si usano le mani, ma per fare certe operazioni sono utili anche degli attrezzi che andremmo ad esaminare.

Il martello di gomma. per impastare la creta oltre alle mani si può usare un comune pestacarne o meglio un martello di gomma dura del diametro di almeno cinque centimetri.

Il filo d’acciaio serve per tagliare la creta dai panni confezionati anziché strapparla con le mani è molto più facile con un filo d’acciaio tenuto ai lati da due anelli metallici o due pezzetti di legno, mettendo il filo all’altezza giusta per avere uno spessore di creta adeguato, va tirato e la creta si taglierà con facilità.

Le mirette o cavaterra servono a togliere la creta dal modello facendo una scannellatura precisa. Queste sono fatte da un manico di legno con alle estremità dei ferri ricurvi in varie forme e grandezze, si possono anche fare in casa con delle sottili lame di ferro piegato.   

Gli stecchetti, utilissimi, servono per rigare, bucare, smussare e altre operazioni molto frequenti, anche questi con un po' di fantasia si possono ricavare da stecche in legno duro, tipo bosso, da pezzi di plastica, di ferro o acciaio.

Le forcelle hanno la stessa funzione del filo d’acciaio ma si possono usare con una mano sola, le forcelle sono fatte a V tipo fionda, forche al posto dell’elastico hanno il filo d’acciaio tenuto teso e fissato alle due estremità.

Il torniello, molto utile per lavorare su dei pezzi che anno continuo bisogno di essere girati.

I calibri servono per prendere delle misure dai soggetti da copiare e riportarle sul modello, questi sono fatti come un compasso forche di solito sono più grandi, comunque su misure piccole si possono usare benissimo dei comuni compassi. Esistono anche in commercio dei calibri che hanno il perno anziché ad un’estremità spostato in un punto preciso in modo da riportare delle misure in scala, esempio: misurando da una parte 10 cm. la parte opposta del calibro misurerà 20 cm. avendo una scala di 1:2:

Le stecche in legno, sono delle stecche di spessore uniforme da  un centimetro o più, vanno usate in coppia per tagliare delle sfoglie di creta. Si procede in questo modo, se vogliamo fare delle sfoglie per tutta la lunghezza del panno, si mette il panno coricato e ai due fianchi si mettono le stecche a questo punto si prende il filo d’acciaio e appoggiandolo alle stecche e tenendolo ben teso si tira verso di noi tagliando cosi di netto tutto il panno, poi si rigira il panno e si toglie la sfoglia perfettamente tagliata dello spessore di un centimetro.

Tutti questi attrezzi vanno puliti sempre, dopo l’uso facendo attenzione a non rigarli come ad esempio le stecche in legno.

Metodi di lavorazione

Colaggio: si fa’ sciogliendo l’argilla in acqua e una sostanza che ne aiuti la fluidità, (di facile reperibilità in negozi specializzati), così si ottiene il colaggio o barbottina, la sua densità si può misurare o con un densimetro oppure immergendo un dito sul liquido e sollevandolo fuori, si osserverà la sua viscosità, che deve essere inferiore a quella del miele. Con l’impasto liquido si possono colare degli oggetti sagomati su stampi in gesso. Quando la barbottina è dentro lo stampo, l’acqua in essa contenuta viene assorbita dalla parete di gesso, vengono così attratte anche le particelle di argilla che stratificandosi le une sulle altre formano uno spessore, che in circa 40 minuti raggiunge i quattro millimetri. Quando si sarà formato lo spessore voluto si andrà a vuotare il rimanente, in modo che resti all’interno dello stampo l’oggetto formato da un eguale spessore in tutta la sua superficie. Dopo circa 4-5 ore, si potrà estrarre dallo stampo perché la sua consistenza sarà tale da permettergli di sostenersi da solo. L’oggetto così ottenuto, verrà rifinito togliendo la sbavatura che si è formata sui punti di giuntura dello stampo, questo dovrà essere fatto con una lancetta e le righe che rimarranno verranno tolte con una spugna umida. Questa rifinitura deve essere fatta quando il pezzo avrà una solidità tale da non schiacciarsi con la pressione delle mani. Questa tecnica è molto usata nelle produzioni artigianali perché permette di foggiare anche oggetti molto complicati che altrimenti si potrebbero solo fare a mano.

Pressatura:, si può fare sia con presse meccaniche che a mano, quella che interessa a noi è a mano e si procede così: si prende uno stampo in gesso su cui c’è l’impronta in negativo di un rilievo e si poggia sopra una sfoglia di argilla abbastanza grossa, si comincia a comprimere così la sfoglia cominciando dal punto più centrale e più profondo. la compressione va’ fatta con i pollici in modo da applicare quanta più forza in meno superficie, andando avanti così si presserà via, via verso i bordi, se per caso la sfoglia non dovesse bastare l’aggiunta di argilla andrà fatta da dove si era arrivati, ma sempre sopra la sfoglia già esistente in modo da non creare una eventuale riga di giuntura. Per estrarre la sfoglia così ottenuta, si può usare una pallottola di argilla appiattita da un lato, che comprimendo leggermente alla sfoglia si attaccherà e tirando la farà sollevare.

Lucignolo o Colombino: è una delle tecniche più semplici ed efficaci, adatta a fare vasi o forme con la massima libertà di espressione. Ancora oggi e molto usata da tribù africane ma trova molti estimatori anche tra gli artisti moderni. Per fare un vaso, si comincia preparando con una sfoglia, la base, poi con dei cilindri di argilla che avremo preparato arrotolandoli con le mani, li cominceremo ad applicare al perimetro della base facendoli aderire con una piccola pressione delle dita. Andando su ad aspirale con questi cilindri si può allargare la forma, attaccando al bordo più esterno del cilindro sottostante oppure restringerlo attaccandolo al suo interno, in alternativa per allargare il perimetro si può fare una pressione con le dita in modo di ottenere un minore spessore ma una maggiore superficie, per restringere si prende fra i pollici e gli indici il cilindro e si avvicinano così leggermente le mani. Quando il vaso sarà terminato si potrà lisciare le pareti esterne con delle  lamine di acciaio o legno e quando sarà secco si potrà levigare ulteriormente con carta vetrata e passando poi anche con una spugna umida per togliere gli ultime rigature.

Fasi della lavorazione

L’essiccazione: è una parte molto delicata in cui il pezzo rischia di incrinarsi, creparsi, incurvarsi o addirittura rompersi. quando il lavoro è terminato si procede all’essiccamento che deve essere tanto più lento, quanto più il pezzo è ricco di sporgenze e spessori diversi. ad esempio in una figura in cui la mano sia appoggiata al fianco con il gomito in fuori, si potrebbero avere dei distacchi in corrispondenza ai punti con spessori ridotti, questo dato che il braccio si secca e perciò ritira più velocemente del resto del tronco. Pertanto per farlo asciugare gradatamente, bisogna tenere coperto con un nylon la figura, tenendolo sollevato solo un po' verso la base, in modo che l’umidità fuoriesca più lentamente, cercate di non avere mai fretta nell’essiccare i vostri lavori.

Nel caso invece di piastre, queste vanno distese su delle tavole in compensato o truciolare o legno o addirittura si presta molto bene il poliuretano, però che sia di uno spessore adeguato per non incurvarsi. tra la piastra ed la tavola va’ sempre messo un foglio di carta, in modo che la piastra abbia modo di ritirarsi non trovando una superficie che inumidita la trattenga. Di tanto in tanto la piastra va’ rigirata, senza prenderla con le mani, ma mettendoci sopra un’altro foglio di carta e poi una tavola, capovolgendo il tutto e tirando via la tavola che stava sotto.

Cottura: altro punto molto importante in cui si possono avere, belle ma anche brutte sorprese, a causa di crepe negli angoli di una cornice quadrata, oppure dalla scoppio di un pezzo causato da bolle d’aria rimaste intrappolate dentro l’impasto, o ancora curvature di pezzi propensi quali parallelepipedi stretti ed alti o sporgenze troppo lunghe quali braccia di figure. Alla curvatura si può ovviare coricando i pezzi in modo che poggino per la lunghezza in più punti possibile, oppure mettendo dei sostegni quali le colonnine in refrattario da forno. Normalmente la cottura del crudo in forni elettrici per hobbisti, impiega per arrivare a temperature intorno ai 980°  7/8 ore e 8/9 ore per il raffreddamento. Durante la salita e la discesa l’argilla passa per il suo punto critico che si aggira attorno ai 500 gradi, per effetto dell’evaporazione dell’acqua di porosità, che durante l’essiccazione non ha potuto evaporare, perciò quando ci si avvicina a questo punto bisogna che la temperatura salga più lentamente, magari facendo rimanere in stallo il forno per qualche minuto, passati i 600° si può salire più rapidamente. Fatevi sempre dire il punto critico dell’impasto che usate e la temperatura ottimale per cuocerlo.  

Ritiro: la creta passando dallo stato umido a quello secco, subisce un riduzione di volume e peso, causa l’evaporazione dell’acqua, questo si chiama ritiro. Il ritiro può variare da impasto ad impasto, questa caratteristica deve sempre essere tenuta in considerazione, specialmente se i pezzi che dobbiamo creare devono avere, da cotti delle misure precise. Per calcolare esattamente la percentuale di ritiro bisogna prendere una sfoglia di impasto umido e su di essa con un punteruolo farci un piccolo solco di 10 centimetri esatti, ad essiccazione avvenuta e magari cottura, misurate quel solco e vedrete che si sarà accorciato, se ad esempio sarà diventato di 9 centimetri e 5 millimetri, il ritiro è del 5%. A questo punto facciamo una prova, supponiamo di dovere fare una piastra di 40 centimetri di lato, procederemo in questa maniera: (40 / 95)x100 = misure comprensive di calo. Il 95 è stato trovato sottraendo a 100, che rimane fisso, il 5 che era la percentuale di calo.

Verifica:  ((40 / 95) =  0,4210 x 100) =  (42,10 misure comprensive di calo) - 5% = 39,99, che in pratica arrotondando il da 40.

Decorazione

Dopo la cottura il pezzo è pronto per essere decorato, prima però deve essere pulito da eventuale polvere, con dell’aria compressa o con una spugna umida, quando fate questa operazione cercate di non tenere troppo con le mani l’oggetto, in modo da evitare che il grasso delle mani possa chiudere dei pori del biscotto e perciò impedire alla cristallina di venire assorbita uniformemente.

Matite per ceramica, sono usate come delle normali matite colorate e perciò di facilissimo utilizzo.

A pennello, è il più diffuso metodo di decoro però comporta una certa pratica, i colori in questo caso si usano quelli in polvere successivamente sciolti nell’acqua e distesi con pennelli morbidi. Si possono realizzare naturalmente tutti i decori che vediamo di solito su ceramiche, ma anche per fare delle trame o degli sfondi di fantasia di grande effetto.

Spugnetta, è un decoro con cui di solito si fanno bordi di piatti vasi o altro. Si prende una spugna piccola e magari ritagliata con qualche forma e dopo averla immersa nel colore sciolto nell’acqua la si strizza leggermente e la si picchietta sulle parti da fare. Con questa tecnica si possono ottenere dei bellissimi fondi policromi.

Spolvero, questa non è una tecnica di decoro ma solo di tracciatura e viene usata quando un disegno deve essere ripetuto più volte. Quello che serve sono: un foglio di carta oleata (tipo quelli usati per incartare la carne) o di carta da schizzi, su questo foglio verrà fatto il contorno del disegno su cui poi si faranno i fori, di spessore di un ago da cucire,  i fori devono essere a breve distanza in modo che la traccia sia ben leggibile. La seconda parte, quella della tracciatura, si fa’ mettendo in un sacchettino di tela fine, del carboncino ridotto in polvere, il sacchetto deve essere ben chiuso, con questo si picchietterà sopra il foglio di carta bucato, (che a sua volta è stato posto sul biscotto da decorare) il carboncino che passerà attraverso i buchi lascerà sul biscotto una traccia che dopo la cottura sparirà, su questa si passerà sopra con il pennello ultimando così il disegno vero e proprio.

Decoro sotto cristallina, di solito questo tipo di decoro va’ fatto su pezzi in terraglia, perché la base bianca fa’ risaltare i colori anche i più tenui. Qualunque sia la tecnica usata per decorare sotto cristallina i colori dovranno essere fissati definitivamente al supporto con un sottile strato di cristallina, lucida o opaca. Per applicare la cristallina bisogna immergere l’oggetto in un recipiente in cui sia stata sciolta e setacciata con un setaccio a maglie fini. Se non si ha una quantità di cristallina adeguata, la si può spruzzare con una pistola aerografo. Lo spessore della cristallina deve essere di circa mezzo millimetro. A questo punto il pezzo va’ pulito dalla cristallina o dallo smalto nei punti in cui poggia sulle piastre in modo che lo smalto fondendo non si attacchi, questa operazione va’ fatta con un raschietto. Dopo questo va’ messo in forno e cotto alla temperatura adatta alla cristallina usata, mediamente tra i 940° ed i 980°.

Decoro su maiolica, la maiolica sarebbe uno smalto bianco sopra il biscotto rosso tipo “cotto”, ma ormai viene chiamata maiolica anche lo smalto bianco messo sulla terraglia. La proprietà più importante della maiolica è che rende i colori del decoro molto più vivi della pittura sotto cristallina. Si procede così, prima si applica lo smalto, preferibilmente a bagno perché rimane più compatto e puoi si decora con le stesse tecniche che si usano sotto la cristallina, ma però stavolta si fanno sopra lo smalto. La difficoltà che si riscontrerà subito è quella che il pennello impregnato di colore appena viene appoggiato sullo strato di smalto è quasi subito assorbito e pertanto le pennellate dovranno essere veloci e precise. Questa difficoltà viene superata con la pratica ed è anche uno dei fattori che rende il decoro su maiolica più pregiato.

Decoro a ingobbi, gli ingobbi sono dei colori fatti con argille che vengono prima essiccate, poi mescolate ad acqua e infine finemente setacciate in modo da ottenere un liquido abbastanza denso. Questo liquido colorato andrà applicato agli oggetti in argilla finché sono ancora allo stato cuoio, comunque si possono applicare anche su oggetti già secchi o addirittura cotti, in questo ultimo caso l’ingobbio andrà molto diluito. Lavorando con gli ingobbi può sorgere il problema del ritiro eccessivo che potrebbe far sì che l’ingobbio in fase di essicazione si stacchi dal supporto, perciò e sempre meglio provare su dei cocci le compatibilità tra ingobbi e i supporti che si vorranno usare. Altra tecnica per avere degli ingobbi colorati è quella di aggiungere a un ingobbio bianco dei coloranti come ossidi o colori per ceramica..

Rigon Danilo